note integrative all’analisi seminale

NOTE INTEGRATIVE ALL’ANALISI SEMINALE



(in conformità con il Protocollo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità 2001)

Il liquido seminale è un fluido biologico costituito da una componente liquida, il plasma seminale, secreto dalle ghiandole accessorie dell’apparato genitale maschile (prostata, vescichette seminali, ghiandole bulbo-uretrali, epididimo e testicoli) e da una componente cellulare, rappresentata prevalentemente dagli spermatozoi e precursori degli stessi, la cui genesi avviene nel testicolo a livello dei tubuli seminiferi.

L’analisi seminale prevede la valutazione di tutta la popolazione cellulare dell’eiaculato e le caratteristiche chimico fisiche del plasma seminale (il liquido senza le cellule) e, nell’insieme, costituisce lo spermiogramma. Non è un metodo predittivo assoluto in grado di determinare la fertilità maschile essendo la paternità accertata dalla analisi del DNA l’unica prova certa. Potrebbe apparire superfluo, ma non lo è, ricordare che la fertilità è un fenomeno legato alla coppia e non al singolo individuo ragion per cui sono altamente fuorvianti interpretazioni tuttora in uso in alcuni laboratori che definiscano fertile o sterile un soggetto maschile sulla base dello spermiogramma e/o in base a indici di Fertilità come il Page Houlding del quale non si trova traccia sulla letteratura scientifica.

L’analisi seminale, quindi, esprime quanto il campione esaminato si discosta dai parametri di normalità informando altresì il medico curante sulle patologie eventualmente presenti.

Anche la condizione di azoospermia (assenza di spermatozoi nell’eiaculato) non è più una diagnosi di sterilità.

Allo stato delle attuali conoscenze scientifiche un individuo può essere definito sterile solo quando sia dimostrato che non è possibile ottenere, dall’eiaculato o attraverso interventi di esplorazione chirurgica dei testicoli ed epididimi, gameti (spermatozoi) utilizzabili con le moderne tecniche di fecondazione extracorporea (fecondazione in vitro).

Un solo spermiogramma è in ogni caso insufficiente a definire la situazione del paziente; ne occorrono almeno due eseguiti con un intervallo compreso tra le due e le quattro settimane.

La spermatogenesi (cioè il processo di produzione degli spermatozoi), rappresenta, infatti, una specie di indicatore della salute dell’individuo riferita ai tre mesi precedenti l’esame, tempo necessario perché si concluda il ciclo di maturazione degli spermatozoi.

Il motivo di questa indicazione risiede nel fatto che la produzione di spermatozoi spesso è assai variabile anche nel soggetto sano.

In base ai parametri definiti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (ultimo aggiornamento del 1999), uno spermiogramma deve comprendere la valutazione di un numero di parametri al di sotto dei quali non è consigliato scendere per non incorrere in una valutazione diagnostica errata o comunque troppo parziale.

Di seguito se commentano alcuni.

Fluidificazione e viscosità: l’alterazione di questi parametri è legata prevalentemente a fenomeni infiammatori del tratto genito-urinario.

Aspetto, volume, pH: il liquido seminale normale ha un aspetto grigio opalescente omogeneo. Il volume viene considerato normale se maggiore o uguale a 2 ml. Volumi inferiori a 0,5 ml (ipoposia) fanno pensare ad alterazioni del meccanismo dell’eiaculazione.
Il pH, valore che indica il tasso di acidità del liquido seminale, dovrà essere compreso tra 6,4 e 8,0. Un valore > 8,0 può essere indicativo di patologie flogistiche, mentre un valore inferiore a 6,0 potrebbe indurre al sospetto di patologie ostruttive o ad una agenesia dei deferenti.

Concentrazione: per quanto riguarda la concentrazione degli spermatozoi è stato generalmente accettato come valore limite di riferimento 20 milioni di spermatozoi/ml. Si parla di valore di riferimento e non di valore di normalità perché questo numero di spermatozoi indicato non corrisponde al numero minimo di spermatozoi necessario per il concepimento sia nella fertilizzazione in vivo che nella fertilizzazione in vitro. Se il valore è inferiore a 1 milione/ml di eiaculato si parla di criptozoospermia, se è inferiore a 20 milioni/ml si parla di oligospermia, se è superiore a 250 milioni/ml si parla di polizoospermia. Qualora la concentrazione degli spermatozoi nell’eiaculato risulti estremamente ridotta (meno di 400 spermatozoi/ml), è estremamente difficile ritrovarne nell’esame microscopico diretto. In questi casi si procede alla concentrazione della parte corpuscolata del liquido seminale per centrifugazione e si analizza il sedimento. Il campione viene classificato come azoospermico quando non si trova neppure uno spermatozoo in tutto il sedimento.

Motilità: la motilità è la caratteristica fondamentale dello spermatozoo che è acquisita durante il suo passaggio attraverso l’epididimo, mediante un complesso processo di maturazione. Si valutano diversi tipi di motilità: la motilità rapidamente progressiva, debolmente progressiva definita da un movimento lento e ma progressivo, motilità in situ caratterizzata da un movimento sul posto non progressivo e motilità assente.
Dopo un’ora dall’eiaculazione, nel soggetto normale, la percentuale di forme dotate di motilità progressiva rapida più quella debole deve essere uguale o maggiore del 50%, e la motilità rapida e progressiva maggiore o uguale al 25%. Il termine di astenozoospermia indica la condizione in cui la percentuale di motilità scende al di sotto dei valori di riferimento. Si definisce acinesia la condizione di totale assenza di spermatozoi mobili.

Test di vitalità nemaspermica (test eosina-nigrosina e swelling test): sono indagini dedicate alla verifica dell’integrità funzionale dello spermatozoo, in particolare delle capacità reattive delle membrane.

Morfologia nemaspermica: negli ultimi 10 anni, il W.H.O., ha progressivamente portato il valore normale di normoconformati da 80% a 15%. Ciò è dipeso, in gran parte, dal miglioramento delle conoscenze e delle tecniche di microscopia.

Le dimensioni e la forma delle varie strutture dello spermatozoo sono state codificate dall’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS). I dati delle letteratura dimostrano come la morfologia valutata secondo i criteri dell’OMS non sia correlata con la capacità fecondante dello spermatozoo, pur essendo legata ad alcune funzionalità nemaspermiche specifiche. Per la valutazione del liquido seminale preferiamo utilizzare i Criteri Restrittivi di Kruger, criteri di normalità molto più selettivi che escludono come forme anormali tutte le forme che non rientrano perfettamente nella sua classificazione. Per questo i valori di normalità secondo Kruger sono un buon indice della funzionalità nemaspermica e si correlano meglio con la capacità fecondante sia in vivo che in vitro. Secondo i Criteri Restrittivi di Kruger, si parla di teratospermia se nel liquido seminale le forme normali sono al di sotto del 15%. Un individuo si definisce subfertile quando questa percentuale è compresa tra 14 e 4% e infertile quando la percentuale di forme normali è uguale o inferiore del 4%; questi stessi pazienti, nel caso di cicli di fertilizzazione in vitro potrebbero avere una prognosi di concepimento normale, buona, bassa.

L’esame morfologico del liquido seminale comprende inoltre la valutazione della componente cellulare non nemaspermica rappresentata da cellule della linea germinale spermatica, globuli bianchi, eritrociti e cellule epiteliali.

Gli eritrociti (globuli rossi), non sono normalmente presenti nel liquido seminale seppure una loro presenza minima non sia un indice di patologia. Importante la valutazione della presenza di cellule germinali che se superano il 10% della concentrazione possono essere indice di un’alterazione della spermatogenesi. La presenza di più di 1 milione di leucociti è indice di infiammazione.

L’agglutinazione nemaspermica è un fenomeno che si evidenzia con l’osservazione di ammassi di spermatozoi che aderiscono l’un l’altro, testa-testa, coda-coda o in modo misto. Anche l’agglutinazione suggerisce una probabile infiammazione genito-urinaria.

Il Mar test (Mixed Anti-globuline Reaction Test) rileva la presenza di Anticorpi Anti-spermatozoo di classe G.
Studi presenti in letteratura indicano che l’infertilità immunologica maschile ha una frequenza del 3-6%. Gli Anticorpi Anti-spermatozoo possono provocare l’agglutinazione degli spermatozoi o indurre loro una perdita di vitalità e motilità riducendo, quindi, nell’eiaculato, la disponibilità di spermatozoi capaci di penetrare nel muco cervicale.

Da quanto esposto appare abbastanza evidente che la valutazione della situazione di un paziente debba essere compito di uno specialista in grado di correlare i dati analitici con la storia clinica e lo stile di vita, individuare le patologie responsabili delle eventuali alterazioni e modificarle positivamente quando possibile.




I danni dell’igiene

In pochi anni il significato di igiene si è trasformato: Da “ scienza del garantire il benessere attraverso lo studio dei sistemi per stare lontano dalle malattie” che spazia dal lavare la frutta e la verdura al non lasciare deiezioni in giro, a semplice pulizia della persona.

Una persona pulita, vestita di panni puliti, che non odora di umano irrancidito, è lo standard al quale ci siamo adeguati, ogni mattina che usciamo di casa, quasi tutti.

A dire il vero ci sono ancora , in occidente, delle sacche di resistenza irriducibile e delle apocrine ( ghiandole… mica brigate) per le quali non esiste ancora antidoto che sia efficace… fuoco purifico a parte.
Ma come ci siamo arrivati?

La risposta è facile… dalla disponibilità di acqua in quantità superiore a quella necessaria per bere e cucinare… cosa che sapevano anche gli antichi romani, i quali si dettero ben da fare costruendo monumentali acquedotti.
Per la verità avevano l’acqua calda ma non il sapone e non avevano ancora intuito che le fogne a cielo aperto erano rischiosette.

Quando, nell’antica Roma , d’estate, non arrivavano provvidenziali sgrulloni temporaleschi che lavassero via lo zozzo, la regola era l’incipit di epidemie di tifo e di colera. Per liberarsi dei soggetti più deboli era più efficiente della Rupe Tarpea di Ellenica memoria.

I Romani si lavavano.

Ogni nove giorni, raccontano gli storici, quelli che potevano, andavano alle terme e si grattavano via, nei calidarium, il sudiciume con l’apposito strumento, lo strigile, una sorta di falce ricurva che , probabilmente , depilava anche. Poi si davano una seria oliata profumata e , per altri nove giorni, si limitavano a mani , piedi e allo sbarbo mattutino.

La carta igienica era ancora di là da venire e pare che, in strategici luoghi pubblici di cui Roma disponeva passati alla storia col nome di un Imperatore che li volle e che viene ricordato – ahimè per lui – solo per quelli – ci fossero delle bacchette di canna con una spugna marina in cima, riciclabili. Non c’è da stupirsi delle ingiustizie della Storia se pensate all’italico Bidet il quale, oltr’alpe, è assai poco conosciuto ed ancor meno usato.

Pare anche – varie le fonti storiche a tal proposito – che la sanità militare Romana avesse incannato, in qualche modo, l’esistenza dei microbi e il modo per contrastarli; tanto bene che il numero dei feriti in battaglia “ brevi tempore” morituri per Setticemia fosse, illo tempore, di molto inferiore a quello lamentato in epoca Napoleonica e durante la guerra civile Americana.

Storia naturale dell’igiene, appunto.

Poi arrivò il sapone.

Una cosa su cui le fonti storiche sono proprio avare è chi sia stato l’inventore del sapone.

Forse conosciuto dai Sumeri e scomparso poi nell’oblio probabilmente proprio a causa della ottima biodegradabilità – non ce n’è traccia nei siti archeologici — ricompare in Europa durante la rivoluzione industriale per lavare i tessuti prodotti dalle filande e piano piano, molto piano, passò all’uso umano che oggi conosciamo.

Prodotto per la maggior parte tra la Liguria e Marsiglia, il savon ,( che sia di Savona?) con olio di oliva o grassi animali e soda caustica vide aumentare consumo e richiesta in modo talmente vertiginoso che, appena passata la seconda guerra mondiale, ne seguì una epica carestia.

Come è ovvio, subito, il mercato reagì con l’immissione sul mercato, quasi contemporaneamente in USA e Inghilterra, di detersivi industriali contenenti tensioattivi chimici al posto dei grassi saponificati. Molto, ma molto, più potenti e meno costosi del vecchio Savon.

Nell’immediato periodo post bellico ci fu una certa abbondanza di donne (e di lavandaie) e una discreta carestia di spermatozoi. Per meglio spiegarci, a causa degli eccidi bellici, erano rimasti pochi maschi in età riproduttiva a cui toccò la fatica di sopperire agli assenti.

Il fenomeno, la denatalità, fu del resto ottimamente superato nel giro di pochi anni dando luogo al baby-boom degli anni sessanta, anni in cui arrivò la lavatrice domestica e il bagnoschiuma colle mille bolle blu. Qualcuno ricorderà anche la sparizione della brillantina e l’arrivo dello shampoo , prodotto che, sì, lavava i capelli — al tempo di moda lunghetti — ma a prezzo di una ingovernabilità degli stessi sedata solo anni dopo dall’arrivo del Balsamo.

Che fine fanno i tensioattivi dopo il bagno, lo shampoo e il bucato ( pochi sanno l’etimologia del nome bucato… cercatevela!) che, per inciso, sono presenti anche in alcuni pesticidi ?

Finiscono nell’ambiente aumentando la Pollution ( termine che ancora qualche fesso traduce polluzione ambientale dimostrando scarsa conoscenza dell’inglese e ottima dell’onanismo mentale).

Insieme ai Nitrati, noti fertilizzanti presenti nei detersivi e corresponsabili del ritorno delle allora quasi estinte Vongole dell’adriatico, i Tensioattivi entrano, attraverso le acque reflue, nel ciclo biologico come alieni ( ora li chiamano “EDC disruptors) , dimostrando un’attività xenoestrogenica tale da trasformare pesci maschi in pesci dell’altro sesso, il che non sarebbe un gran guaio se non fossero nostro prelibato cibo.

Sembrerebbe, da dati pubblicati dall’I.S.S. e facilmente reperibili online, che una dieta a base di certi molluschi potrebbe far crescere le tette a vostro figlio. Quello maschio.

Certo, se a questo aggiungiamo gli estrogeni presenti nelle carni di manzo e di pollo e quelli che derivano dall’uso della Cannabis Indica, non dovremmo stupirci più di tanto se l’Organizzazione Mondiale della Sanità e gli Andrologi di mezzo mondo strillano, poco ascoltati, che la produzione pro-capite di spermatozoi è arrivata ad un terzo rispetto al dopoguerra. Altro che la Mucca Pazza.

Mettiamoci poi che la gente si sposa e vorrebbe far figlioli al tempo biologico-anagrafico in cui è ora di portare i nipotini allo Zoo, vi potete rendere conto del perché la natalità europea è sostenuta solo dagli stranieri immigrati da paesi con poche lavatrici.

Gli xenofobi stiano tranquilli… tra dieci anni anche loro si saranno presi tanti e tali xenoestrogeni da fare pari e patta con noi. Integrazione, appunto.




notizie dagli USA: antiandrogeni e sostanze antifertilità maschile

An updated review of environmental estrogen and androgen mimics and antagonists.

Tufts University School of Medicine, Department of Anatomy and Cellular Biology, Boston, MA 02111, USA. csonnenschein@infonet.tufts.edu

For the last 40 y, substantial evidence has surfaced on the hormone-like effects of environmental chemicals such as pesticides and industrial chemicals in wildlife and humans. The endocrine and reproductive effects of these chemicals are believed to be due to their ability to: (1) mimic the effect of endogenous hormones, (2) antagonize the effect of endogenous hormones, (3) disrupt the synthesis and metabolism of endogenous hormones, and (4) disrupt the synthesis and metabolism of hormone receptors. The discovery of hormone-like activity of these chemicals occurred long after they were released into the environment. Aviation crop dusters handling DDT were found to have reduced sperm counts, and workers at a plant producing the insecticide kepone were reported to have lost their libido, became impotent and had low sperm counts. Subsequently, experiments conducted in lab animals demonstrated unambiguously the estrogenic activity of these pesticides. Man-made compounds used in the manufacture of plastics were accidentally found to be estrogenic because they fouled experiments conducted in laboratories studying natural estrogens. For example, polystyrene tubes released nonylphenol, and polycarbonate flasks released bisphenol-A.
Alkylphenols are used in the synthesis of detergents (alkylphenol polyethoxylates) and as antioxidants. These detergents are not estrogenic; however, upon degradation during sewage treatment they may release estrogenic alkylphenols. The surfactant nonoxynol is used as intravaginal spermicide and condom lubricant. When administered to lab animals it is metabolized to free nonylphenol. Bisphenol-A was found to contaminate the contents of canned foods; these tin cans are lined with lacquers such as polycarbonate. Bisphenol-A is also used in dental sealants and composites. We found that this estrogen leaches from the treated teeth into saliva; up to 950 microg of bisphenol-A were retrieved from saliva collected during the first hour after polymerization. Other xenoestrogens recently identified among chemicals used in large volumes are the plastizicers benzylbutylphthalate, dibutylphthalate, the antioxidant butylhydroxyanisole, the rubber additive p-phenylphenol and the disinfectant o-phenylphenol. These compounds act cumulatively. In fact, feminized male fish were found near sewage outlets in several rivers in the U.K.; a mixture of chemicals including alkyl phenols resulting from degradation of detergents during sewage treatment seemed to be the causal agent. Estrogen mimics are just a class of endocrine disruptors.
Recent studies identified antiandrogenic activity in environmental chemicals such as vinclozolin, a fungicide, and DDE, and insecticide. Moreover, a single chemical may produce neurotoxic, estrogenic and antiandrogenic effects. It has been hypothesized that endocrine disruptors may play a role in the decrease in the quantity and quality of human semen during the last 50 y, as well as in the increased incidence of testicular cancer and cryptorchidism in males and breast cancer incidence in both females and males in the industrialized word.
To explore this hypothesis it is necessary to identify putative causal agents by the systematic screening of environmental chemicals and chemicals present in human foods to assess their ability to disrupt the endocrine system.
In addition, it will be necessary to develop methods to measure cumulative exposure to (a) estrogen mimics, (b) antiandrogens, and (c) other disruptors.




IGIENE INTIMA AL MASCHILE

La parola igiene deriva dal greco e significa “protezione e miglioramento della salute”; quindi il lavarsi fa parte integrante del modo in cui è corretto vivere, ma è anche vero che lavarsi troppo può ugualmente causare problemi.

Si parla sempre di igiene intima femminile e mai di quella maschile. La stessa letteratura medica è alquanto scarsa in proposito. A questo punto è giusto fare un breve cenno alla fisiologia dell’apparato genitale maschile per capire le basi di una corretta detersione del pene.

Elemento fondamentale è l’acqua. La scarsità o l’abbondanza di questo bene comune determina, per forza di cose, comportamenti igienici diversi nelle varie popolazioni.

Alla nascita il prepuzio ha la caratteristica di essere letteralmente incollato al glande, di essere sovrabbondante e di terminare con un restringimento che lascia libero il solo meato uretrale.

Non è difficile intuire quali siano le motivazioni biologiche dell’evoluzione in questo senso. Un bambino, per molti mesi dopo la nascita, non ha il controllo degli sfinteri perciò, anche se si ha l’opportunità di cambiarlo molto spesso, i genitali si trovano a stretto contatto con le feci. Inoltre l’ammoniaca presente nelle urine costituisce un ulteriore fattore irritativo, solo in parte controbilanciato dagli oligosaccaridi. Appare quindi evidente che il prepuzio adeso al glande ha la funzione di protezione. La sostanza che, per così dire, permette la perfetta aderenza è il collagene nel quale è possibile ritrovare quantità non trascurabili di lisozima, vero antibiotico ed antivirale naturale.

Il pene, nei tre anni successivi alla nascita, cresce di un paio di centimetri e rimane a queste dimensioni fino alla pubertà. L’adesione del prepuzio al glande si riduce progressivamente, così come si allarga la naturale fimosi, fino a rendere possibile la completa retrazione. Tale processo è estremamente variabile da individuo ad individuo, potendo terminare naturalmente anche poco prima della pubertà.

Durante la crisi puberale, il pene ricomincia a crescere e, nel giro di un paio d’anni, raggiunge le dimensioni definitive. Il prepuzio non sempre segue di pari passo questa crescita, poiché già sovrabbondante all’inizio. Nella maggior parte dei casi viene raggiunto un buon equilibrio.

Non va dimenticato che, parte integrante del prepuzio, è il frenulo. Il suo nome ne spiega la funzione (frenum preputii); serve di fatti da freno alla retrazione del prepuzio stesso.

Un altro argomento del quale, a questo punto, è obbligatorio parlare è che il mondo è diviso tra circoncisi e non circoncisi.

Al di là delle motivazioni etnico-religiose, i due partiti che si sono formati hanno entrambi ottime ragioni di esistere. I sostenitori della circoncisione sono in prevalenza nord-americani e basano la loro convinzione su alcuni dati scientifici, ormai obsoleti, che indicano come la pratica eviti la permanenza dello smegma e faciliti l’igiene. Tuttavia il cancro del pene ha un’incidenza bassissima prima dei 65 anni, sia nei circoncisi che nei non circoncisi, in quanto è correlato all’infezione da HPV ed al tabagismo. Tuttora la Società Americana di Pediatria raccomanda la circoncisione come presidio igienico.

I sostenitori della conservazione del prepuzio hanno altrettanti argomenti, il principale dei quali è il rispetto della funzione di protezione del glande. Potrebbe sembrare superfluo ricordare quanti circoncisi siano morti per carenza di asepsi od abbiano riportato serie mutilazioni.
Nel Terzo Mondo la circoncisione, così come l’infibulazione, è raramente praticata dalla classe medica, ma effettuata durante riti religioso-tribali. Il dolore, il sanguinamento e le infezioni possono provocare, oltre al trauma psicologico che il bambino ricorda per anni, anche guarigioni cicatriziali tali da ridurre la superficie della mucosa in grado di avere attività sensoriale esogena. In seguito a ciò, i sostenitori della circoncisione propongono la stessa come soluzione per l’eiaculazione prematura. È del resto vero che il glande, tolta la protezione del prepuzio, ha un’iniziale aumento di sensibilità, che poi diminuisce notevolmente situandosi ad un livello inferiore anormale. Ciò si rivela un ovvio vantaggio nella giovane età, ma può diventare una “Iattura” in età superiore ai 50 anni, quando si aggiunge alla naturale diminuzione della sensibilità; ciò può rendere difficoltosi e ritardato il raggiungimento dell’orgasmo.

Il fenomeno dell’eiaculazione ritardata è rara nel soggetto non circonciso.

L’igiene del pene è quindi differenziabile per classi di età.

L’igiene del bambino si fonda perciò sul rispetto della fisiologia e sulla delicata detersione delle parti a contatto con le feci, senza forzare il distacco del glande dal prepuzio.

L’eventuale correzione chirurgica delle malformazioni qualora presenti, andrà effettuata dopo la pubertà e comunque prima dell’inizio dei rapporti sessuali, quando il trauma psicologico diventa minimo.

Nel periodo invece in cui si ha un parziale scollamento è importantissimo lavare, sempre con delicatezza, la parte scollata, eventualmente aiutandosi con una siringa a punta arrotondata o con l’acqua in leggera pressione.
L’obiettivo è quello di asportare lo smegma e le sostanze tossiche che possono irritare le mucose.

Un prepuzio regolare è morbido, elastico , si retrae con facilità e ritorna da solo in posizione di protezione del glande.

Il soggetto che non effettua la detersione dello smegma in quanto poco incline all’uso del lavarsi incorre nella possibilità di sviluppare patologie batteriche e virali locali in misura maggiore rispetto a chi si lava o a chi è circonciso mentre è altrettanto frequente il riscontro di patologie da eccesso di detersione .

L’uso di saponi con basi lavanti eccedenti in tensioattivi e l’uso troppo frequente degli stessi può portare a delle balaniti o balanopostiti dovute alla azione erosiva sulle sostanze oleose che le mucose stesse producono in modo da formare una barriera fisica nei confronti di batteri, funghi , virus e delle sostanze tossiche presenti tra l’altro nei coloranti dei tessuti usati per gli indumenti intimi e nei residui di detersivo non ben risciacquato durante il lavaggio degli stessi.

Appare quindi quanto mai opportuno che l’industria proponga dei detergenti dedicati alle tre fasce di età ( infante, adolescente ,adulto) formulati in modo da rispettare le necessità di detersione e l’assenza di danni.
Dato il continuo aumento della aspettativa di vita è probabile che divenga opportuno formulare anche un detergente per la terza e quarta età.