Spermatozoi: la differenza può farla il bicchiere

E.D.S. sta per Endocrine Disrupting Substance che, in Italiano, suona come Sostanza Disturbatrice Ormonale.

Non sono una vera e propria novità dato che alcuni allarmi , per lo più inascoltati, erano già stati dati ma non chiaramente recepiti in quanto la “cosa” è tutt’altro che semplice da comprendere. Nel campo dell’infertilità a causa maschile le cause-fesseria, tipo “portare i boxer o gli slip “ sono entrate nell’immaginario comune e tengono banco nei forum di discussione perché sono tanto comprensibili quanto perfettamente ininfluenti sul problema.

Il maschio umano infertile medio si abbotta di antiossidanti assunti senza un minimo di razionale e non fa caso ad alcuni comportamenti che, invece, hanno una capacità disturbatrice della fertilità.



Qualche tempo fa avevo cercato di chiarire il concetto di danno Epigenetico ovvero il casino a livello di DNA che l’ambiente induce su quello che, in Biologia, assomiglia di più ad un File di Sistema che si scassa e rovina, di conseguenza, tutto quello che da questi dipende. Il concetto di E.D.S. è il medesimo: si definisce così un composto chimico sia naturale che sintetico che interferisce con i normali assetti ormonali alterando gli effetti finali da questi regolati. Nella fattispecie la produzione di spermatozoi e di conseguenza, la fertilità ma va ricordato che gli effetti sono su tutti i sistemi ormonali, tiroide e neuroendocrino compresi e che , attraverso il danno epigenetico, si trasmettono anche ai figli.

Il danno è relativo all’età del soggetto al momento dell’esposizione, alla sua durata, al tipo e al mix di sostanze cui ci si espone, alle dinamiche di dose-risposta e agli effetti a lungo termine. In pratica nessun sistema ormonale può dirsi immune dagli EDS.

Dato che un Antidoto Universale non esiste l’unica via praticabile per limitare i danni è l’informazione. Occorre sapere quali cose che quotidianamente usiamo sono potenzialmente pericolose in modo da limitarne il più possibile l’uso e quindi l’esposizione.

Un articolo appena uscito su Fertility an Sterility sottolinea, ancora una volta la relazione tra esposizione a Ftalati e la fertilità maschile ed ha l’indiscutibile pregio di non essere stato fatto su topi ma su umani. Tali sostanze sono contenute nelle plastiche per renderle morbide e spesso nei cosmetici, vengono assorbite facilmente e fanno danni, ricordiamolo, in proporzione all’esposizione. Nel 2008 gli Americani hanno vietato queste sostanze nei giocattoli per bambini. Qui ci stanno pensando.

In pratica c’è differenza in termini di potenzialità fecondante degli spermatozoi, tra chi beve abitualmente da un bicchiere di vetro e chi beve da uno di plastica contenente tali sostanze . Quindi: occhio a quello che usiamo.

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24534276

http://www.medicitalia.it/giuliobiagiotti/news/2610/Come-l-inquinamento-uccide-gli-spermatozoi-l-ipermetilazione-del-DNA

https://www.niehs.nih.gov/research/supported/assets/docs/j_q/phthalates_the_everywhere_chemical_handout_.pdf

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1883354/




*** Da Ottobre 2017, La Nuova Sede di Perugia è…

DAL MESE DI OTTOBRE LA SEDE DI PERUGIA È…

Strada Pian della Genna 19, nel quartiere di Madonna Alta




La Oligo-Asteno-Terato-zoospermia idiopatica :iOAT

Premessa:

L’esistenza della rete consente sostanzialmente a tutti coloro che ne hanno motivo di accedere alla letteratura scientifica. Tuttavia questa è in linguaggio tecnico ed in inglese e quindi poco comprensibile alla maggior parte dei lettori. Questo articolo vuole essere un ponte tra chi vuole capire di più sulla iOAT, una delle più complesse condizioni di Infertilità maschile e delle relative conoscenze disponibili.

L’articolo originale è reperibile in testo completo sul PubMed :

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3114591/?tool=pubmed

ed è a firma di un paio di esperti di livello decisamente elevato del settore. Cercheremo quindi di sfruttare la loro competenza traducendolo in linguaggio comune, probabilmente più comprensibile.

Introduzione

Il cervello umano, per quanto più efficiente di quello di molte altre specie, ha un bisogno fondamentale: per poter riconoscere un qualcosa deve aver prima definito l’insieme di quel tipo di qualcosa per cui, tra quei qualcosa classificati, estrapola quello che sta cercando associandolo a quel qualcosa che ha di fronte e non ancora conosce.

Riconosciuto il qualcosa gli attacca un nome che poi usa per identificarlo più facilmente.

Il campo della Riproduzione Umana non fa eccezione alla regola e, tra le tante situazioni ( sono tante perché la fertilità è un fatto di coppia e non del singolo individuo, come si sarebbe erroneamente portati a pensare ), ve ne è una che fa scervellare sistematicamente gli addetti ai lavori, e i pazienti, alla ricerca una soluzione adeguata.

Si tratta della i.O.A.T. acronimo di Oligo-Asteno-Terato-zoo-spermia idiopatica, condizione che definisce la produzione seminale di un soggetto maschio il quale presenta valori dello spermiogramma molto alterati rispetto a quelli considerati di riferimento. In aggiunta alle alterazioni trovate, questi soggetti non hanno una patologia riconoscibile tra quelle note per esistere e quindi spesso trattabili. Quello che non si conosce viene definito, appunto, Idiopatico.

Non è questa la sede per discutere sul fatto che se una condizione patologica esiste dovrebbe avere una causa, il punto è che questa causa è un qualcosa che non conosciamo, almeno per ora.

In sostanza ci troviamo di fronte un uomo perfettamente normale il cui sperma presenta però pochi spermatozoi con scarsa motilità e piuttosto malmessi rispetto alla forma che si considera canonica.

La distinzione tra iOAT a FSH normale o alto cambia poco perché spiega solo in minima parte la situazione che può presentarsi identica a livello seminale con entrambe le variabili. L’FSH alto ci dice che parte o tutto il testicolo ha subito dei danni che possono essere totali ( azoospermia) o parziali, come nella iOAT.

Al di là delle tante ipotesi alla base di questa condizione la teoria più accreditata è quella di una ereditarietà autosomica recessiva che, tradotto in termini pratici, significa che la ereditiamo senza averla chiesta e non necessariamente dal padre insieme al cromosoma Y.

A questo punto è importante capire il ruolo dei ROS. I ROS o Radicali Liberi, sono molecole che hanno almeno un elettrone dispari che le rende particolarmente instabili in presenza di lipidi, aminoacidi e acidi nucleici, costituenti dello spermatozoo e con cui tendono a reagire chimicamente.

A livelli quantitativi normali hanno un ruolo essenziale sulla funzione riproduttiva regolando varie cose e facilitando la Capacitazione e la Reazione Acrosomiale.

In natura uno spermatozoo, anche se mobile e ben messo, prima della eiaculazione non è ancora in grado di fecondare. Tale capacità viene acquisita appena eiaculato e consiste, tra l’altro, nella attivazione di un enzima, la jaluronidasi contenuta appunto nell’acrosoma, in cima allo spermatozoo.

Superati però certi livelli di concentrazione i ROS fanno danni.

La fonte principale di ROS nello sperma sono i leucociti ( sono i globuli bianchi, testimoni quando superano il milione per ml, di un processo infiammatorio in atto e gli spermatozoi immaturi ovvero quelli che si trascinano ancora appresso un pezzo che poi perderanno maturando.

Gli spermatidi ( precursori dello spermatozoo) e gli spermatozoi maturi hanno membrane particolarmente ricche in lipidi insaturi che i ROS aggrediscono sia nel testicolo che nell’epididimo che durante l’eiaculazione. Ne risulta una alterazione della motilità e della morfologia dello spermatozoo preludio di una morte prematura.

Nello sperma esistono ovviamente alte concentrazioni di antiossidanti naturali che proteggono entro certi limiti gli spermatozoi. Al superamento del limite si realizza quello che va sotto il nome di stress ossidativo che, nel caso della iOAT, è stato dimostrato esistere come in altre situazioni patologiche che , a differenza di questa, avevano una causa conosciuta. Quindi, a dispetto dell’ignoranza della causa o delle cause che provocano la iOAT, alla fine il meccanismo del danno rimane lo stesso.

Come se non bastasse molte iOAT sono anche caratterizzate da alterazioni dei 23 cromosomi che stanno nella testa dello spermatozoo, dette aneuploidie.

La terapia medica dell’infertilità maschile è spesso un problema frustrante in funzione del fatto che la genesi è sempre multifattoriale e che non tutte le cause sono riconoscibili.

Quando una causa è diagnosticabile è spesso anche rimuovibile. Un esempio è l’alimentazione incongrua che pare avere una parte non secondaria.

In generale quanto più si riescono a riconoscere fattori correlati e a rimuoverli tanto più facilmente il paziente vede migliorare l’esame seminale.

La farmacoterapia delle iOAT, in mancanza di meglio, consiste nella supplementazione con antiossidanti e nella terapia ormonale con lo scopo di migliorare i parametri seminali in quanto è dimostrato che l’incremento di concentrazione di spermatozoi nelle iOAT è correlato con più alta probabilità dell’evento gravidanza. Paradossalmente più si parte da parametri bassi più si alza la probabilità di concepimento.

Un altro problema non piccolo è che non è ancora stato realizzato un test per quantificare lo stato di esposizione ossidativa del paziente e della capacità antiossidante che sia inseribile in una routine non costosissima.

Tests ne esistono, ci mancherebbe, ma il rapporto tra costo e informazione ottenuta è ancora piuttosto squilibrato.

Se poi si considera che la maggior parte degli esami seminali, in Italia, viene effettuato da incompetenti di seminologia, si può difficilmente sperare che test complessi da eseguire e da interpretare finiscano per essere utili a chicchessia.

La prescrizione di antiossidanti è utilizzata per molte patologie ma mancano ancora informazioni che ne rendano l’uso sicuro nel maschio infertile.

La prescrizione di alte dosi di vit. A , ad esempio, risulta essere embriotossica e teratogenica e per questo non è raccomandabile, in generale, il fare da soli cercando soluzioni miracolose .

Terapie a base di antiossidanti,nelle iOAT, ancora in molti casi sono prescritte sulla base di un razionale ( ragionamento per cui date le premesse dovrebbe far bene) spesso corretto e della assenza di significativi effetti collaterali il che non significa automaticamente che tale terapia sia approvata universalmente e sopratutto sia efficace.

Perché un farmaco, per la iOAT, sia definito attivo dovrebbe migliorare i parametri dello spermiogramma e i tassi di gravidanza in studi realizzati in cieco, prospettici e controllato verso placebo da più gruppi indipendenti. Questo è il solo modo riconosciuto per validare una opzione terapeutica.

Nel momento in cui si fa una revisione della letteratura scientifica e si applicano criteri rigidi nella valutazione ne viene fuori che solo pochi studi rispondono a questi criteri, come si evince dalla tabella sotto:

Scoring and evaluation of the quality of evidence regarding antioxidant therapy in idiopathic oligoasthenoteratozoospermia link per la tabella:

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3114591/table/T1/

Una revisione ragionata della letteratura che riguarda studi effettuati con tamossifene e/o FSH nella iOAT conclude che pur dovendo considerare che vi sono aspetti positivi di questi farmaci , purtroppo l’eterogeneità estrema delle condizioni che accompagnano la vita del paziente con iOAT fa si che solo alcuni di questi rispondano positivamente alla terapia ormonale. Per il tamossifene va detto che oltre essere un farmaco che eleva il testosterone esso presenta attività antiestrogenica per cui l’esposizione dell’eventuale paziente agli xenoestrogeni ambientali e nella dieta ( sono sostanze non naturali che mimano l’azione di ormoni femminili e di cui i maschi proprio non hanno bisogno) ne potrebbe essere il motivo della variabilità di efficacia.

Per l’FSH può essere valido il ragionamento per cui la somministrazione, oltre a stimolare il testicolo, potrebbe essere in grado di elevare le prostaglandine inducendo incrementi tali che in soggetti predisposti geneticamente vanificano i vantaggi attesi.

Lo stesso ragionamento vale per la Vit. E e la Vit. C associate magari al Selenio, alla acetil cisteina, allo Zinco e all’acido Folico, agli stabilizzatori dei mastociti come il Tranilast, il licopene e la pentossifillina, tutte molecole che sembrano promettenti ma che abbisognano ancora di essere studiate in larga scala per definirne la validità.

Il discorso cambia radicalmente quando si parla di Carnitine. Gli studi validi sono almeno venti, in buona parte Italiani e pongono le carnitine sul livello alto della scala di efficacia del G.R.A.D.E..

La Carnitina è un antiossidante idrosolubile presente nel cibo di tutti i giorni; circa il 25% viene sintetizzato autonomamente da Lisina e Metionina. Sia la carnitina extracellulare che quella intracellulare giocano un ruolo energetico nel metabolismo dello spermatozoo fornendo energia. Facendo un paragone con le automobili sono il tubo della benzina.

Questo avviene prevalentemente nell’epididimo dove la carnitina libera, ma anche quella acetilata, è usata dallo spermatozoo per la beta ossidazione degli acidi grassi a catena lunga, i principali trasportatori di acili al Coenzima A mitocondriale che serve allo spermatozoo per muovere la coda. Le carnitine migliorano il meccanismo energetico, rallentano l’ossidazione dei lipidi, quindi proteggono il DNA dai radicali liberi.

L’acquisizione di motilità da parte dello spermatozoo sembra avvenire in parallelo con la presenza di carnitina libera nel lume dell’epididimo e della forma acetilata dentro lo spermatozoo. Cali di carnitina sono associati a bassa motilità.

Trial clinici effettuati con giusto criterio dimostrano che la somministrazione di carnitine in dosi giornaliere intorno a due grammi al giorno, aumentano significativamente la motilità specialmente nei soggetti con questa più bassa.

Il plasma seminale, il veicolo che porta gli spermatozoi fuori dal maschio, dei pazienti con iOAT mostra avere livelli di prostaglandine elevati rispetto al normale.

La cosa interessante è che anche la somministrazione di carnitine tende a far aumentare tali livelli per cui non è fuori dal vaso pensare che la somministrazione contemporanea di antiflogistici con azione limitante le prostaglandine possa aumentare l’efficacia dell’azione delle carnitine come dimostrato da lavori anch’essi Italiani.

La combinazione cinnoxicam e carnitine per questo motivo si è dimostrata più attiva del placebo e della sola carnitina nel migliorare la motilità.

Conclusioni

La soluzione dell’infertilità maschile non può essere sempre e solo la Fecondazione Assistita per il semplice motivo che è costosa e ha risultati relativi.

Ogni trattamento farmacologico che abbia un costo accettabile e sia parimenti di provata efficacia dovrebbe essere considerato di prima linea nella scelta del medico.

Le terapie dell’infertilità maschile, specie nella iOAT, quando è impossibile estrapolare una causa facilmente rimuovibile, devono ancora essere standardizzate il che si scontra con il fatto che l’infertilità maschile è una sindrome ( insieme di segni e sintomi) su cui hanno effetto una miriade di parametri. Differenze significative in termini di produzione e qualità degli spermatozoi si apprezzano sia a livello razziale che stagionale e regionale probabilmente in relazione all’ambiente e allo stile di vita.

Ultimo problema è ancora la standardizzazione dello spermiogramma che è ben lungi dall’essere capito come strumento indispensabile allo studio della materia e che solo in centri specializzati, anche se purtroppo non sempre, viene effettuato con criteri scientifici approvati.

Bibliografia

Da 1 a 67 e da 91 a 161 vedi articolo originale

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HPV e maschietti

Microbi, germi, batteri, virus, prioni sono termini che siamo abituati a sentire al telegiornale ogni volta che c’è un’epidemia e che spessissimo vengono usati a sproposito come se tutti fossero la stessa cosa. Il microbo è una cosa piccola abbastanza da non poter essere vista ad occhio nudo ma dotata di vita propria. Per germi si intende l’insieme di virus e batteri i quali, in certe condizioni, scatenano la malattia infettiva corrispondente. Per infettivo si intende qualcosa di trasmissibile da un individuo ad un altro.


Virus e batteri non sono sinonimi. Sono però molto diversi in quanto i primi sono sequenze genetiche di DNA o RNA che devono per forza di cose essere ospitati dentro una cellula umana, animale o vegetale per campare mentre i secondi sono cellule già per conto loro e campano da soli o in colonia, ovvero aggregati.

Quando i virus trovano le condizioni giuste si danno da fare e l’ospite si ammala.

Un esempio è quello del virus del raffreddore, ce lo abbiamo sempre addosso ma si fa sentire solo se prendiamo una infreddatura. Si dice che il raffreddore sia una malattia che se curata passa in una settimana e, se non curata, in sette giorni. In barba a tutti i sintomatici di cui ci imbottiamo al primo scolo di naso. Ma perché passa? Semplice, l’organismo reagisce producendo gli anticorpi che sono in grado di aggredire i virus. L’organismo poi si ricorda bene e appena il virus si ripresenta lo attacca direttamente senza nemmeno avvisare. Ma il virus non è scemo e come spesso fanno i mariuoli ( Vedi il virus dell’influenza che lo fa tutti gli anni specie a Carnevale) si travestono e fanno fesso l’ospite.

HPV è l’acronimo di Human Papova Virus. Papova , a sua volta, sta per Papilloma-POlioma:VAcuolante. La sua storia merita di essere raccontata anche se per sommi capi: il Virus ha un’origine sudamericana e accoppava solo conigli. Dato che nel dopoguerra l’Australia era stata invasa dagli stessi a livello talmente efficiente che se piantavi una carota era garantito che te la mangiavano loro, gli Australiani lo importarono e lo dettero ai conigli. Fu una strage ma l’agricoltura australiana era alla canna del gas e non ci fu altro rimedio. Lo Human Papova è la variante umana che provoca i condilomi o papillomi o creste di Gallo sui genitali nonché le verruche delle mani e dei piedi.

La riuscita guerra di liberazione dai conigli australiani ha poco a che vedere con lo Human Papova di casa nostra dato che le verruche sono roba conosciuta da prima della scoperta dell’Australia. E’ curioso, ma fino ad un certo punto, il fatto che generazioni di fattucchiere si siano cimentate nella cura delle stesse mentre l’iconografia della Befana ne ha, da sempre, una sul naso.

I rimedi più tramandati dalla saggezza popolare sono il latte dei fichi e l’aglio col grasso di rognone con cui trattare la parte ma trovano estimatori anche l’acqua delle melanzane , il sale grosso strofinato forte e gli impacchi di foglie di salice. A proposito del sale grosso, la procedura prevede di metterlo, dopo, in una busta gialla e di sotterrarlo. Capisco sotterrarlo , è intuibile che non sia riciclabile, ma il perché della busta gialla mi sfugge.

Di fronte a tanta saggezza i medici si dividono in due categorie: quelli che fanno finta di non sentire e quelli che si fanno grasse risate sui rimedi di questo tipo specie quando si legge di cose tipo “lo scotch messo sopra la verruca” che “muore perché così non può respirare”. Sarà la colla, vai a sapere.

Un’altra invenzione data per “naturale” consiste nel bruciare la verruca con raggi “naturali” ovvero solari concentrati, un’ invenzione di tale Archimede, con una semplice lente di ingrandimento. La procedura consiste nel concentrare la luce sulla verruchetta smettendo quando il dolore diventa insopportabile. Durante l’assedio di Siracusa fu usato lo stesso metodo sui Romani bruciando gli assedianti oltre le loro verruche e le loro navi. Era il 212 avanti Cristo.

In realtà hanno ragione quasi tutti.

Per questo bisogna capire che differenza passa tra una verruca e un callo che, a vederli, sembrano fratello e sorella ma non sono manco parenti. Il callo è un aumento degli ultimi strati della pelle che si crea per reazione ad uno stimolo irritativo continuato nel tempo, come il callo dello scrittore che veniva sul dito medio della mano con cui si scrive. Veniva, dicevo, perché ora si è spostato sui polsi poggiati accanto alla tastiera.

Il callo non ha, come la verruca, un asse vascolare ovvero un’arteria e una vena che ne alimentano il tessuto. Il tutto si spiega per il fatto che il virus , una volta entrato nelle cellule, ne modifica la programmazione costringendole a costruire un sistema nel quale sia possibile fabbricare altri virus, tecnicamente detto replicare. Per fare ciò il virus programma anche la circolazione sanguigna che, se viene tagliata da infiltrazioni tossiche all’aglio o alle melanzane trifolate, fa morire cellule e virus rimettendo tutto a posto.

L’alimentazione alle cellule contenenti il virus si può tagliare, anche e forse più efficacemente, col calore o col freddo estremo , da qui l’uso dell’azoto liquido, della CO2 , del diatermocoagulatore e del Laser che validamente vengono usati al posto delle lenti ustorie magari dopo anestesia locale, giusto per non fare addolorare il paziente.

Spesso accade anche che l’organismo ospite , ovvero quello del soggetto affetto dalle verruche, si senta un attimo meglio e in forze e produca da solo il veleno giusto per il virus, senza scomodare la fattucchiera. Tale capacità dell’organismo di reagire fu intuita per primo da un certo Jenner per inventare i vaccini.

Il vaccino, a beneficio di coloro cui la storia é sfuggita, si chiama così perché i vaccari e i bifolchi – oggi bifolco è un insulto ma al tempo erano onesti conduttori di buoi, gli autisti degli aratri – erano a contatto colle vacche. Le vacche non prendevano il vaiolo come l’uomo ma una variante tutta speciale per loro con le piaghe e tutto il resto. A forza di andare a passeggio insieme, vaccari e bifolchi finivano per entrare in contatto col virus delle vacche. Jenner si accorse che i vaccari, a differenza dei cittadini, non prendevano il vaiolo umano. Fece due ragionamenti e, rischiando la pelle sua e quella di qualcun altro, infettò apposta col vaiolo vaccino un povero cristo perfettamente sano. Dopo un po’ di tempo lo infettò anche col Vaiolo umano. Con sorpresa degli astanti il povero cristo sopravvisse al vaiolo senza neanche ammalarsi. La fortuna aiuta gli audaci. Da allora la procedura si chiama vaccinazione per la gioia del genere umano e delle case farmaceutiche. Ma cosa era successo? Avevamo detto che i virus sono delle sequenze di informazioni di DNA o RNA che, stando dentro una cellula, ne modificano il funzionamento. Quello che non ho detto è che il virus ha “anima e cappotto”. L’anima è la parte fetente e il cappotto tiene caldo. Ora ipotizziamo che il cappotto del virus del vaiolo umano e di quello vaccino siano uguali mentre l’anima profondamente diversa. Quella del vaiolo umano è cattiva e quella del vaiolo delle vacche buona. Dato che l’ospite, che siamo noi, si ricorda solo del cappotto ma non dell’anima ché non la vede, quando vede il cappotto del virus vaccino si organizza e prepara veleno abbastanza da accopparlo sia li per lì che per dopo indipendentemente dalla natura dell’ ”anima”.

Nel caso del HPV, di recente, è stato messo a punto un vaccino distribuito a ragazzine intorno ai tredici anni. Questo è stato possibile poiché pare che il virus Papova usi sempre lo stesso “cappotto” senza cambiarlo mai. Se, col tempo, decidesse di farselo nuovo bisognerà ricominciare tutta la procedura daccapo perché il vaccino non servirà più a niente. Quello che non si è capito è il motivo per cui solo le femminucce sono state vaccinate e i maschietti no. Pare, tuttavia, per notizie provenienti da un recentissimo congresso organizzato a Padova dal Prof. Carlo Foresta che la Sanità italiana abbia deciso di porvi rimedio. I maschietti ringraziano.