Dottore, mi brucia quando faccio la pipì

“dottore, mi brucia un pò quando faccio la pipì” è il “sintomo presentato” ogni giorno da qualche paziente in ogni studio medico di medicina generale. Il medico di base che ha, in media, sette minuti disponibili a paziente cataloga velocemente tra le patologie non gravi e, di riflesso, fa una richiesta per urinocoltura.

Il nostro paziente, trentanove anni, si reca al laboratorio analisi con un barattolino preso in farmacia, consegna ligio il campione e ripassa dopo un paio di giorni ritirando un referto che consegna al medico.

Il dottore legge “assenza di crescita colturale “e conclude per un “non ha niente di grave, se non passa da solo in qualche giorno si faccia rivedere, intanto beva molta acqua e mangi leggero”.

Il paziente torna a casa in macchina col suo bruciorino ripassando mentalmente un articolo sulle medicine naturali per cui frena di botto rischiando un tamponamento a catena quando, con la coda dell’occhio, vede l’insegna verde di un Erboristeria nella quale si precipita.

Ripresenta il suo bruciorino all’erborista che ha un po’ più di sette minuti da dedicargli e lo fa felice con tre tisane, una antiinfiammmatoria, una per stimolare le difese naturali e una diuretica.

Il paziente rimonta in macchina e torna a casa sollevato dal pensiero “sto facendo qualcosa, almeno”.

Lui non lo sa ma la prima contiene un antitestosteronico a basso dosaggio che si trova anche in pillole in farmacia con l’indicazione per l’ipertrofia prostatica, la seconda contiene una erbetta americana usata dai pellerossa detta erba del diavolo per le sue effettive proprietà stimolanti l’apparato immunitario e la terza del tè verde biologico, diuretico, appunto.

La sera prepara la sue tisane come da istruzioni e, tra prima di cena e dopo, se le ingoia tutte e tre.

Dorme un po’ agitato e alle tre di notte si alza per fare una valanga di pipì.

Alle sei si alza perché ha suonato la sveglia e corre in bagno con la vescica piena.

Il bruciorino è in lieve aumento ma non se ne cura.

Altro giro di tisane per colazione e via al lavoro, di mestiere fa il rappresentante di commercio e ha qualche centinaio di km da fare, come ogni giorno.

La giornata scorre bene salvo per il fatto che deve far pipì ogni ora e mezzo, ha sete più del solito e il bruciorino è sempre lì.

Torna a casa alle nove stanco morto e con una fame da lupo.

Si fa spaghetti aglio e peperoncino e due salcicce, un etto di pecorino stagionato e insalata di ravanelli, due bicchieri di rosso e una grappina.

Altro giro di tisane e a nanna con la moglie che non ha nessuna intenzione di dormire.

Lui non ha una gran voglia ma lei sa stimolarlo e in pochi minuti sono volati via i pigiami.

Lui si sente pronto e delicatamente lo introduce, fa un paio di movimenti e risente il bruciorino che, in men che non si dica, si traduce in quella situazione che lui ben conosce e che precede di poco l’ineluttabile eiaculazione che è lunga e fastidiosa nonché maledettamente prematura rispetto ai suoi standard, anche i peggiori che ricorda, da ragazzo.

Un pensiero lo attraversa e gli gela il sangue, lo fa sudare freddo, ha il cardiopalma.

Guarda la moglie che gli sorride come sempre ha fatto, con dolcezza, senza proferire parola ma lui vede un sorrisetto sarcastico e sprofonda nel buio dell’amor proprio ucciso.

Si sveglia sudato alle tre per fare pipì e poi non riesce a dormire anche perché deve farla ogni mezz’ora.

Il bruciore aumenta. Telefona alle otto e dieci al cellulare del medico “dottò, il bruciore è una bestia…ora” che gli risponde “ ok, le lascio una ricetta per un antibiotico dalla segretaria”.

Lui esce passa allo studio, prende la ricetta, va in farmacia e poi al bar. Ingoia e parte per la sua giornata di lavoro con una fermata ogni mezz’ora per fare pipì.

La sera è ancora daccapo alla santa croce col suo bruciore cui si è aggiunto un senso di peso appena sopra il pube e non riesce a stare seduto normale, sposta continuamente il peso da una natica all’altra senza trovare pace, è stanco e triste.

Prende ancora le tisane e va a dormire, la fame gli è passata. Dopo un’ora si sveglia e ricomincia il va e vieni col bagno cui si aggiunge una botta di colite come non se la ricordava pur soffrendone saltuariamente.

Al mattino la moglie telefona al medico e spiattella tutta la storia, le tisane, i sudori freddi e il resto. Il medico fornisce il nome di uno specialista in grado di visitarlo in giornata.

L’epilogo di questa storia, che è vera, è una diagnosi di prostatovescicolite abatterica fatta sulla base di una ecografia (edema del tratto sovramontanale) e della ricerca batteriologica sullo sperma che è negativa per batteri ma segnala una quantità notevole di globuli bianchi.

Lo stile di vita, la posizione seduta forzata e l’alimentazione incongrua sono alla base del problema.

Le tisane non hanno avuto effetto alcuno se non esacerbare un po’ la sintomatologia.

La prematurità dell’eiaculazione è un effetto tipico delle prostatiti, l’ansia generata ha aggravato, ovviamente il quadro.

In realtà nessuno dei protagonisti ha sbagliato, il medico di base ha fatto quello che doveva rispetto al sintomo, l’erborista quello che poteva, la moglie è da premiare perché di media, un maschio, con un problema del genere, ritarda più che può l’andare dallo specialista.




WHO 2010 : NUOVI VALORI DI RIFERIMENTO E LINEE GUIDA PER I PAZIENTI

Volume ml >1.5

Totale numero spermatozoi milioni >39

concentrazione Milioni/ml >15

Motilità totale % >40

Motilità Progressiva % >32

Vitalità % >58

Morfologia % >4

pH ≥7.2

Leucociti Milioni/ml <1.0

MAR test % p. adese <50

Innanzitutto un paio di cose, la prima delle quali è che gli studi sulla fertilità maschile sono al palo da diversi anni ovvero da quando la tecnica ICSI, l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo nell’ovulo, sembrava avere risolto tutti i problemi di numero e di motilità dello spermatozoo. In effetti, risolti questi, ne è venuto fuori uno (di problema) ancora più grande: la qualità dello spermatozoo in termini di capacità fecondante.

Infatti la ICSI ha aumentato i risultati di fertilizzazione dell’ovocita (traduzione: ovulo con spermatozoo dentro = inizio della vita embrionale) e i bambini in braccio ma non poi quanto sembrava lecito aspettarsi. Difatti, la capacità di uno spermatozoo di dar luogo, una volta penetrato nell’ovulo, ad un embrione geneticamente competente (ovvero con tutte le informazioni atte a generare un bambino, quelli incompetenti la natura provvede a bloccarli = aborti precoci) dipende da un certo numero di fattori che sono correlati strettamente alla salute di chi li ha prodotti. Tanto per fare un esempio basta pensare alle prostatiti (infiammazioni della prostata) che, se pur lievi, tendono a far produrre un quantitativo di radicali liberi (nella fattispecie perossido di idrogeno, l’acqua ossigenata) che è in grado di bucherellare la membrana di rivestimento dello spermatozoo a cui segue un disastro sulla normale compattazione dei cromosomi contenuti.

Questo significa che la strada per ottenere un miglioramento dei parametri seminali passa per lo stile di vita e sulla attenta ricerca, e correzione, dei fattori che sono in grado di ridurre la capacità fecondante degli spermatozoi di un individuo.

La seconda cosa su cui occorre intenderci è che esistono i “non esperti” ovvero coloro che, peraltro in buona fede, credono di poter gestire una coppia con problemi procreativi semplicemente operando il varicocele e poi sparandola verso la fecondazione in vitro , relegando i maschi al mero compito di rimediare spermatozoi indipendentemente da quanti sono e come sono fatti. Solo una collaborazione coordinata e strutturata tra vari specialisti risulta essere in grado di gestire al meglio le risorse dei pazienti verso il miglior risultato possibile dato che esiste uno spazio di potenziale miglioramento della potenzialità fecondante prima di arrivare alle provette e uno spazio di ottimizzazione della performance seminale per coloro che alla provetta sono costretti.

Una coppia infertile dovrebbe porsi, a livello femminile , queste semplici domande cui andrebbe data una risposta basata su evidenze non essendo, in questo caso accettabile la sola espressione di opinioni.

– Ho una ovulazione regolare?

– Ho le tube aperte?

– Ho l’utero in grado di ospitare un embrione?

Dimostrato questo si può cominciare a pensare al partner maschile.

Il primo esame maschile è lo SPERMIOGRAMMA, ovvero l’analisi che va a vedere quanti spermatozoi vengono prodotti, come si muovono, come sono fatti. Generalmente la coppia si rivolge al ginecologo della moglie e costui, giustamente, lo richiede.

A prima vista può sembrare un esame banale che può essere eseguito presso qualsiasi laboratorio. Purtroppo questo non è vero e si vedono in giro e in rete moltissimi referti di esami fatti con la migliore fantasia e che non hanno niente di scientifico.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha, in varie occasioni, pubblicato delle linee guida per i laboratori (dei manuali) che pochissimi hanno letto e ancora meno hanno adottato perché questo costa tempo e training presso centri che già li usano.

I sistemi informatici, che hanno comunque il difetto di aver bisogno di un controllo umano continuo, costano sempre troppo e sono presenti solo in rari laboratori che li acquistano proprio perché non hanno a disposizione un tecnico qualificato che ne regoli il funzionamento.

Prima, quindi di fare uno spermiogramma, informatevi sulla metodologia adottata e se chi esegue l’esame ha o meno i titoli di studio per firmarlo.

Occorre stare alla larga da chi esprime la fertilità con indici che sono arbitrari e anche da chi esprime giudizi come fertile o sterile, dato che è intuitivo che la fertilità non può essere del singolo ma solo della coppia. State alla larga anche da chi mette valori di riferimento diversi da quelli della O.M.S.- WHO tipo “forme normali” all’ 85% che in natura non esistono e dimostrano solo una mera ignoranza (nel senso di non sapere, non maleducazione, perché usando criteri scientifici ottenere questo valore è impossibile ). Tra l’altro molti laboratoristi senza esperienza finiscono così per ritenere normali una montagna di esami in realtà patologici ritardando pericolosamente la diagnosi e danneggiando il paziente.

Alcune considerazioni sono basilari :

1. i valori sono stati ricavati da soggetti che avevano appena ottenuto l’inizio di una gravidanza.

2. la gravidanza si ottiene in una femmina per cui la fertilità è un fenomeno che interessa la coppia e non il singolo.

3. prendere i valori di un esame dello sperma, che sia ben eseguito o no, e pretendere di essere predittivi nei confronti della capacità fecondante del singolo maschio è un errore metodologico.

4. anche se i valori sono al di sopra del range minimo di riferimento ciò non garantisce la gravidanza ( che è un fatto di coppia).

5. valori al di sotto dei range possono dar luogo alla gravidanza.

6. Un solo spermatozoo mobile in un liquido seminale può dare luogo ad una gravidanza.

7. la presenza di spermatozoi mobili in numero adeguato aumenta in proporzione la probabilità del verificarsi dell’evento.

8. la produzione e la qualità degli spermatozoi fluttua ampiamente sia nel soggetto sano fertile ( fertile: con figlio in braccio) che in quello ipofertile ( che desidera un figlio in braccio).

9. Occorrono almeno due o tre esami per definire la situazione media della produzione e della qualità degli spermatozoi.

10. Uno spermiogramma alterato indica allo specialista le probabili cause che dovrebbero essere cercate e, possibilmente, rimosse.

Lo spermiogramma esprime semplicemente quanto il liquido esaminato si discosta da quella che è definita normalità, intendendo per questa una serie di valori espressi da una popolazione maschile che ha da poco concepito e si può ritenere fertile. Lo scostamento dalla normalità indica anche che può esistere una patologia in atto che va ricercata e identificata. La lettura, quindi, dello spermiogramma non può essere fatta da un non specialista per il semplice motivo che, con rare eccezioni, non sa dove mettere le mani.

Spesso capita anche che il paziente, il quale è, giustamente, in ansia per la sua condizione, cominci a leggere “analiticamente” i referti degli esami cercando di capirci qualcosa, accanendosi nella interpretazione dei numeri che hanno un qualche senso, solo, ancorché non sempre, per chi ha, insieme a parecchie ore passate a studiare, un quadro di insieme della situazione generale e particolare del paziente. Oltretutto, esiste una variabilità micidiale nella produzione di spermatozoi che ha la caratteristica di andare a onde, con le stagioni, le temperature e un sacco di altre cose. E’ buona norma, per quanto appena detto, di fare almeno due esami intervallati da due settimane nell’arco di un mese.

Ora, il maschio infertile, con gli spermiogrammi in mano, finisce immancabilmente dal ginecologo della moglie, e , con tutto il rispetto che ho dei Colleghi ginecologi ,la storia continua così….

L’atteggiamento dei ginecologi nei confronti dell’andrologia può essere:

– Quelli che mandano il paziente dallo specialista

– Quelli che trattano il paziente con farmaci innocui

– Quelli che trattano il paziente in maniera incongrua

– Quelli che sono convinti che se ci sono spermatozoi il problema non c’è

– Quelli che risolvono tutto con le provette, magari all’estero.

Le situazioni che il paziente può trovarsi di fronte a livello di spermiogramma sono , sostanzialmente:

– Tutto normale, almeno all’apparenza. Ripetere l’esame. Aggiungere gli “assetts” genetici di glutatione e interleuchine

– Alterazioni dello spermiogramma correlate a patologie relativamente facili da curare: sono il 70%.

– Alterazioni dello spermiogramma difficili da diagnosticare e ancora più, da curare.

In generale alcune considerazioni cliniche:

1. La prescrizione dello spermiogramma dovrebbe essere accompagnata dalle istruzioni relative alla modalità di raccolta, trasporto ed indicazione di uno o più laboratori che usano il manuale WHO.

2. La lettura dello spermiogramma non dovrebbe essere seguita da considerazioni troppo negative o troppo positive.

3. Non si danno terapie senza aver fatto una diagnosi.

4. La diagnosi è possibile solo se il paziente è stato visitato e sono state fatte le indagini opportune che spesso sono analisi del sangue, ecografia e/o Ecocolordoppler, meno spesso ma a volte nodali le indagini genetiche.

5. Le terapie aspecifiche sono giustificate solo in caso di impossibilità di una diagnosi.

6. Le terapie ormonali sono giustificate solo in caso di vera carenza ormonale.

7. I controlli in terapia vanno fatti ogni due mesi attraverso la riesecuzione di un esame nello stesso laboratorio possibilmente con lo stesso operatore.

8. La valutazione dei risultati deve essere fatta dal clinico specialista, non dal Laboratorio.

9. La valutazione e la correzione di abitudini o stili di vita incongrui ha importanza quanto la terapia.

10. Un varicocele presente non è automaticamente una cosa da correggere chirurgicamente ma in molti casi ne possono essere corretti i danni con farmaci.

– Assenza di spermatozoi: attenzione, la partita non è chiusa e se ne apre una molto più difficile:

La prima cosa di fronte ad una analisi su cui c’è scritto azoospermia è quella di ripetere l’analisi in centro qualificato in quanto molto spesso capita che non venga eseguita una procedura di laboratorio che spesso rivela la presenza di anche pochi spermatozoi.

La proposta è meno sciocca di quel che può sembrare in quanto rivela spermatozoi nel 12% dei casi di azoospermia.

Una volta ripetuta l’analisi un paio di volte magari con 7-8 giorni di astinenza con esito uguale è opportuno rivolgersi ad uno specialista il quale ha il compito di definire la strategia da tenere sia sul piano diagnostico che su quello terapeutico.

Molti non sanno che una quota di circa il 20% delle azoospermie è curabile con terapia medica.

La strategia si basa oltre che sul non far danni (che sono più facili da ottenere rispetto ad un miglioramento) e sulla necessità di stabilire la causa che è alla base della azoospermia. Purtroppo le azoospermie vengono classificate in maniera semplicistica tra quelle escretorie e secretorie ovvero situazioni in cui gli spermatozoi non escono perché c’è un ostacolo o perché non vengono prodotti.

Sarebbe bello se fosse così semplice, in realtà esiste, tra il bianco e il nero, tutta la varietà dei grigi che solo lo specialista di una certa esperienza ha avuto modo di vedere e ha un’idea su come si può provare a gestirla.




Andrologia dell’età evolutiva

Far aumentare l’attenzione dei genitori nei confronti dei bambini non significa indurre i primi ad essere iperprotettivi nei confronti di questi ultimi ma informare per prevenire quelle condizioni che possono essere potenzialmente lesive di una crescita sana e armoniosa del corpo e della mente con attenzione particolare alla sessualità e alla fertilità.

Alla nascita:

Il bambino che nasce a termine di gravidanza deve avere i testicoli nella borsa scrotale.

Non è del tutto infrequente che un testicolo presente nello scroto alla nascita risalga spontaneamente.

I bambini che nascono prematuri possono non ancora averli ma di sicuro sappiamo che occorre intervenire per ovviare a questa condizione entro il terzo anno di vita. Farlo dopo espone a grosse problematiche di fertilità. Un controllo della situazione scrotale ogni tanto previene il problema.

Dalla nascita all’adolescenza:

Tre sono i fondamenti della prevenzione in questa fase: l’igiene in difetto, ma anche in eccesso può essere alla base di fenomeni patologici solo apparentemente di poco conto. I saponi per l’igiene intima maschile sono e devono essere diversi da quelli femminili.

Evitare l’obesità, ma anche solo il sovrappeso in questa fase può essere una causa concomitante in un ritardo puberale ( cosiddetta fase dello sviluppo). Durante , ma anche poco prima o poco dopo questa fase è opportuno un controllo per l’eventuale presenza di varicocele, ovvero di dilatazioni delle vene dello scroto che potrebbero, nel tempo determinare una sterilità.

In adolescenza:

E’ una fase di crescita tumultuosa sia sul piano fisico che psichico che va seguita con prudenza fornendo informazione adeguata e corretta al ragazzo e ai genitori. La paura di avere il pene piccolo non è un fatto da sottovalutare così come la mancanza di notizie corrette sulla sessualità espone alla ricerca di queste in ambienti e media inidonei contribuendo alla formazione di patologie della relazione col prossimo.

Precocità e ritardi puberali vanno gestiti con valutazioni accurate del potenziale di crescita e delle conseguenze che un intervento medico comporta.




Induratio Penis Plastica o Peyronie’s Disease: note di clinica

INTRODUZIONE

La malattia (abbrev. PD), osservata da Vesalio nel 1561 e descritta minutamente da Francois Gigot de la Peyronie nell’ormai celebre articolo, conosciuta quindi da secoli, non ha ancora una etiologia definita. I dati disponibili sono in prevalenza osservazionali. In genere è definibile come una “condizione nella quale una o più alterazioni della morfologia peniena risultano di ostacolo ad un soddisfacente rapporto sessuale” rientrando, quindi e di diritto, nel vasto capitolo del Deficit Erettile (DE). La multiformità dell’esordio e della evoluzione della patologia ha reso molto complesso lo studio clinico e statistico tanto che tuttora non vi sono, in letteratura, dati conclusivi sull’argomento.

CARATTERISTICHE CLINICHE

Incidenza ed età

Negli ultimi anni, in Italia, vari fattori hanno avuto il merito di far aumentare le richiesta di consulenza medica all’apparato genitale maschile e questo ha avuto, come conseguenza, un maggior riscontro della PD.

L’incidenza varia da 5 per 100.000 a 70 per 100.000 abitanti/anno in diretta proporzione all’età anagrafica. Anche in Italia, in linea coi dati epidemiologici della letteratura internazionale, i due terzi dei pazienti hanno una età compresa tra 40 e 60 anni; una distribuzione, quindi, simile a quella dell’aterosclerosi.

Sintomi di presentazione

In letteratura è riportata la sequenza:

1. placca o indurimento

2. incurvamento

3. dolore

4. d.e.

Nell’esperienza di chi scrive l’esordio non è necessariamente in questo ordine e si preferisce distinguere tra la motivazione del consulto andrologico e obiettività clinica. La motivazione del consulto è prevalentemente il d.e. che, nei pazienti i quali dimostrano, poi di esserne affetti, è un deficit di mantenimento della rigidità la cui durata diventa insoddisfacente in relazione alla performance generalmente sperimentata in precedenza ed occasionalmente insufficiente ad un rapporto.

Il dolore è presente solo nella la fase infiammatoria della malattia, durante l’erezione o subito dopo, non è grave e solo occasionalmente tale da pregiudicare la funzione coitale. Dato che generalmente precede l’incurvamento, costituisce uno dei sintomi o co-sintomi di esordio e motivo perciò di consulto.

Raramente l’incurvamento costituisce il motivo unico di consulto come esordio in assenza di altra consapevolezza del paziente. L’indurimento, come motivazione di consulto, in accordo alla letteratura, è inferiore al 50% dei casi probabilmente in ordine alla scarsa conoscenza, da parte dei pazienti, della propria normalità anatomica e viene riportato come localizzazione del dolore percepito.

Obiettività clinica

Il reperto, alla palpazione dei corpi cavernosi, anche in soggetti che non lamentano deviazione, di un’area di consistenza aumentata costituisce un segno patognomonico della malattia.

La localizzazione è, in prevalenza, dorsale; tuttavia è possibile reperire zone di addensamento del tessuto anche a livelli diversi dalla tonaca albuginea. La dimensione delle zone di addensamento è estremamente variabile, potendosi apprezzare da piccoli noduli isolati di due/tre mm ad aree interessanti i due terzi dei corpi cavernosi o della tonaca di rivestimento. La posizione del nodulo determina la deformità in erezione.

Il reperto di un aumento dello spessore del setto intercavernoso accompagnato dalla palpazione di piccoli noduli su tutto il setto costituisce nella quasi totalità dei casi un reperto che precede la formazione di più grandi zone di addensamento e può essere considerato un segno prodromico. Tale reperto è assente nel maschio giovane e nell’adulto sano.

Aspetti istopatologici

Dal punto di vista anatomopatologico la malattia si contraddistingue dal reperto dei vari stadi della flogosi in prevalenza a livello delle aree vascolarizzate tra la tunica ed il connettivo che riveste il tessuto cavernoso, interessandolo con frequenza.

La sequenza degli eventi è: infiltrato infiammatorio con attivazione immunitaria, fibrosi ialina, deposizione di calcio, attivazione osteoblastica. C’è perdita della inibizione da contatto con crescita casuale e disordinata come se il processo di riparazione non potesse essere arrestato dai normali meccanismi. Costante l’alterazione del corredo cromosomico del 60% delle cellule interessate il cui significato è tuttora oscuro, tuttavia è interessante l’osservazione di deposito di fibrina all’interno della placca come se la noxa iniziale sia un danno microvascolare alla base del processo flogistico.

Da notare quanto il processo assomigli in maniera indicativa a quanto si realizza nella flogosi ipossica sperimentale arteriosa durante la quale l’evento causale determina la presenza di un infiltrato intramurale con edema del subendotelio cui segue la deposizione di fibrina e la deformazione delle mioliscie. La necrosi tissutale conseguente è seguita da riparazione e rigenerazione ed è interessante il fatto che l’arteria riparata abbia aspetti istologici assonanti con quelli del tessuto erettile interessato da PD. La differenza sostanziale tra la lesione sperimentale arteriosa e quella della PD è l’assenza dei lipidi mentre il deposito di calcio è un comune denominatore.

La calcificazione, che si verifica in prossimità delle aree vascolari, è presente più spesso nei soggetti giovani con grosse aree di indurimento.

Etiologia

Non ci sono evidenze che la PD possa essere determinata da infezione come sostenuto da Peyronie stesso il quale considerò l’associazione tra “ abuso sessuale” e gonorrea, sifilide, tubercolosi. Smith, in uno studio istologico eseguito su 100 peni ottenuti da cadavere ha riscontrato la presenza di reperti correlabili coi vari stadi della PD in 23 casi indipendentemente dalle cause di ospedalizzazione o del decesso il che lo fa concludere per una suggestione di un fattore etiologico comune di natura semplice.

E’ noto che una lesione acuta del pene può essere alla base della formazione di placche non dissimili da quelle della PD tuttavia traumi sperimentatali nel cane non hanno confermato tale ipotesi. Se il trauma fosse il solo fattore etiologico, verosimilmente la PD avrebbe un tasso di prevalenza molto più elevato in ordine al fatto che traumi piccoli o grandi vengono sperimentati nella vita di un uomo in numero elevatissimo, sia durante l’ attività sessuale che nella vita quotidiana.

Allo stesso modo non convince la relazione tra m. di Dupuytren e PD, la prima nota per essere una patologia autosomica dominante che nella casistica raccolta da chi scrive non assomma che a due casi su alcune centinaia. Sono stati evidenziati anticorpi anti elastina in soggetti portatori di PD così come sono stati alcuni aplotipi correlati il che farebbe supporre la possibilità di un substrato autoimmune della malattia.

Sempre Smith fece nel 1969 l’ipotesi che alla base della PD potesse esserci una aterosclerosi prematura, e Chilton riferisce di associazione con micro e macro angiopatia, indipendente da Diabete. E’ verosimile l’ipotesi per cui la malattia di base sia una vasculite misconosciuta o ancora da diagnosticare che rende più suscettibile il tessuto connettivo vascolare al trauma e ne impedisce i normali meccanismi di riparazione e rigenerazione con riduzione delle fibre elastiche, accumulo di collagene di tipo III, alterazione del TGF beta, perdita della inibizione da contatto, rilascio di prostaglandine e di altri mediatori della flogosi.

D’altra parte il comportamento del tessuto erettile nei confronti del trauma o dell’ipossia non può essere identico a quello dell’intima arteriosa se non altro per le caratteristiche vascolar-funzionali che lo rendono unico nell’organismo. E’ altresì verosimile che il danno tipico della PD si verifichi quindi in maniera indipendente dalla noxa iniziale ma con meccanismi che somigliano a quelli della aterosclerosi e si differenziano per la natura del tessuto. Ciò potrebbe spiegare l’estrema variabilità delle lesioni e della presentazione della patologia. Il dato clinico (ed il corrispettivo aspetto ecografico) della palpazione dei micronoduli è presente in maniera sorprendentemente costante.

Il deficit erettile

L’associazione tra PD e DE è costante seppur con ampia variabilità della gravità di quest’ultimo che è correlabile con:

1. percezione della alterazione con dismorfofobia e ansia della prestazione con conseguente ipertono adrenergico rilevabile anche all’ecocolordoppler;

2. dolore causato dalla PD in fase flogistica o dalla deformazione durante il coito;

3. combinazione tra DE arterioso, presente nel 30% dei casi in varie casistiche, e DVO (disfunzione venocclusiva) riportato da alcuni autori (Penson) come presente in oltre il 70% dei casi studiati con cavernosometria.

E’ verosimile che la VDO sia una conseguenza della fibrosi che da una parte limita l’afflusso arterioso (anche in presenza di reperti normali alla velocimetria delle cavernose) e dell’altra determina una incapacità di estensione totale della albuginea con ridotta compressione delle vene perforanti afferenti la vena dorsale.

La combinazione dei due eventi arterioso e venoso associato alla variabile psicologica potrebbe rendere ragione della estrema variabilità di presentazione del DE nella PD essendo la fibrosi, a quanto sembra, comune denominatore dell’evento e variabile di per sé stessa.

La diagnostica

Il test con farmaci vasoattivi seguito da documentazione fotografica è universalmente utilizzato. A ciò è associabile l’ecografia e l’ecocolordoppler dinamico. La RMN con contrasto è il test di scelta prima della chirurgia. La cavernometria è in fase di abbandono.

A livello ambulatoriale la combinazione di clinica ed ecografia determina la formazione delle seguenti classi:

1. pz con DE dell’ottenimento e/o del mantenimento, assenza delle micronodulazioni, tessuto cavernoso ecograficamente normale, vpk in dinamica normale

2. pz con DE del mantenimento, occasionale, micronodulazioni presenti, non indurimenti, non deviazione, aspetto ecografico dei corpi cavernosi iperriflettente con numerose aree iperecogeniche di diametro minimo, vpk in dinamica normale

3. pz con DE del mantenimento, frequente, micronodulazioni presenti, con indurimento singolo o plurimo iporiflettente rilevabile all’ecografia, non deviazione, vpk normale

4. pz come in 2 con vpk borderline

5. pz con DE del mantenimento, costante, indurimento/i, non deviazione, vpk patologica

6. pz con DE dell’ottenimento, costante, indurimenti con aspetto ecografico iperriflettente ma senza cono d’ombra, deviazione, vpk borderline

7. pz con DE costante, placche fibrocalcifiche ecodimostrabili, deviazione, vpk borderline o patologica

Il dolore non viene considerato in quanto presente in maniera variabile ed irregolare.

Evoluzione naturale

La PD guarisce da sola solo in un numero esiguo di casi tuttavia l’obiettività clinica ed ecografia dimostra piuttosto una non progressione che può perdurare variabilmente o stabilizzarsi in via definitiva reliquando o meno un DE.

Molto più spesso la PD è evolutiva verso l’estensione della fibrosi e della placca ai tessuti circostanti e all’aggravamento del DE e della deformità.

L’obiettivo, quindi, della terapia è ottenere almeno una stabilizzazione della PD in una classe dove rimanga possibile una sessualità soddisfacente ancorché aiutata da farmaci e di riservare all’approccio chirurgico gli insuccessi.

Terapia medica

La storia della terapia medica della PD riflette il disorientamento causato dalla scarsa comprensione della malattia e mostra una serie ininterrotta di tentativi con iniziali entusiasmi e regolari smentite sulla efficacia delle stesse. Attualmente il trattamento si basa su farmaci in grado di interferire con l’attività dei fibroblasti e della produzione di collagene come il tamoxifene e il verapamile.

Recentemente è stato dimostrato un beneficio significativo ottenuto in studi controllati con l-acetil-carnitina e propionylcarnitina in associazione o meno con verapamile. L’efficacia di tali farmaci, in verifiche in doppio cieco, si è dimostrata superiore ai protocolli utilizzati in precedenza realizzando una via alternativa di terapia. Il follow up, a lungo termine, dei pazienti coinvolti nello studio dimostra che la terapia è tanto piu’ efficace quanto iniziata precocemente e quanto più giovane è il paziente. Del tutto recentemente si è aggiunto il dato per cui l’uso di Oxicams che dimostrano avere attività antifibrotica rappresenta un valido adiuvante nella gestione della patologia.

Obiettivi terapeutici:

a) blocco della evolutività della malattia e fine del dolore in erezione quando presente

b) regressione della fibrosi (meno micronodulazioni palpabili)

c) miglioramento della performance erettile(aumento VPK) e dell’indice IIEF

d) recupero del recurvatum (gradi)

e) restituito ad integrum con dose minima di mantenimento)

f) restituito ad integrum senza terapia

CONCLUSIONI

Per molti versi la PD rimane un mistero e molto lavoro è ancora necessario alla comprensione della malattia.

Allo stato attuale, sulla base delle evidenze risultate dal lavoro di Orlandi, sembra verosimile che le carnitine abbiano un’azione diretta sulle alterazioni vasculitiche che sono alla base della PD confermando, indirettamente, l’ipotesi di Chilton.

L’ipotesi di chi scrive è che la PD sia un aggravamento casuale, probabilmente relativo a un trauma, di una situazione vasculitica di base simile all’aterosclerosi ma con peculiarità relative al tipo di tessuto interessato forse con una componente di predisposizione genetica. Il tutto all’interno di un più generale stato di disfunzione dell’endotelio dell’intero organismo col DE come sintomo di esordio.