HPV e maschietti

Microbi, germi, batteri, virus, prioni sono termini che siamo abituati a sentire al telegiornale ogni volta che c’è un’epidemia e che spessissimo vengono usati a sproposito come se tutti fossero la stessa cosa. Il microbo è una cosa piccola abbastanza da non poter essere vista ad occhio nudo ma dotata di vita propria. Per germi si intende l’insieme di virus e batteri i quali, in certe condizioni, scatenano la malattia infettiva corrispondente. Per infettivo si intende qualcosa di trasmissibile da un individuo ad un altro.


Virus e batteri non sono sinonimi. Sono però molto diversi in quanto i primi sono sequenze genetiche di DNA o RNA che devono per forza di cose essere ospitati dentro una cellula umana, animale o vegetale per campare mentre i secondi sono cellule già per conto loro e campano da soli o in colonia, ovvero aggregati.

Quando i virus trovano le condizioni giuste si danno da fare e l’ospite si ammala.

Un esempio è quello del virus del raffreddore, ce lo abbiamo sempre addosso ma si fa sentire solo se prendiamo una infreddatura. Si dice che il raffreddore sia una malattia che se curata passa in una settimana e, se non curata, in sette giorni. In barba a tutti i sintomatici di cui ci imbottiamo al primo scolo di naso. Ma perché passa? Semplice, l’organismo reagisce producendo gli anticorpi che sono in grado di aggredire i virus. L’organismo poi si ricorda bene e appena il virus si ripresenta lo attacca direttamente senza nemmeno avvisare. Ma il virus non è scemo e come spesso fanno i mariuoli ( Vedi il virus dell’influenza che lo fa tutti gli anni specie a Carnevale) si travestono e fanno fesso l’ospite.

HPV è l’acronimo di Human Papova Virus. Papova , a sua volta, sta per Papilloma-POlioma:VAcuolante. La sua storia merita di essere raccontata anche se per sommi capi: il Virus ha un’origine sudamericana e accoppava solo conigli. Dato che nel dopoguerra l’Australia era stata invasa dagli stessi a livello talmente efficiente che se piantavi una carota era garantito che te la mangiavano loro, gli Australiani lo importarono e lo dettero ai conigli. Fu una strage ma l’agricoltura australiana era alla canna del gas e non ci fu altro rimedio. Lo Human Papova è la variante umana che provoca i condilomi o papillomi o creste di Gallo sui genitali nonché le verruche delle mani e dei piedi.

La riuscita guerra di liberazione dai conigli australiani ha poco a che vedere con lo Human Papova di casa nostra dato che le verruche sono roba conosciuta da prima della scoperta dell’Australia. E’ curioso, ma fino ad un certo punto, il fatto che generazioni di fattucchiere si siano cimentate nella cura delle stesse mentre l’iconografia della Befana ne ha, da sempre, una sul naso.

I rimedi più tramandati dalla saggezza popolare sono il latte dei fichi e l’aglio col grasso di rognone con cui trattare la parte ma trovano estimatori anche l’acqua delle melanzane , il sale grosso strofinato forte e gli impacchi di foglie di salice. A proposito del sale grosso, la procedura prevede di metterlo, dopo, in una busta gialla e di sotterrarlo. Capisco sotterrarlo , è intuibile che non sia riciclabile, ma il perché della busta gialla mi sfugge.

Di fronte a tanta saggezza i medici si dividono in due categorie: quelli che fanno finta di non sentire e quelli che si fanno grasse risate sui rimedi di questo tipo specie quando si legge di cose tipo “lo scotch messo sopra la verruca” che “muore perché così non può respirare”. Sarà la colla, vai a sapere.

Un’altra invenzione data per “naturale” consiste nel bruciare la verruca con raggi “naturali” ovvero solari concentrati, un’ invenzione di tale Archimede, con una semplice lente di ingrandimento. La procedura consiste nel concentrare la luce sulla verruchetta smettendo quando il dolore diventa insopportabile. Durante l’assedio di Siracusa fu usato lo stesso metodo sui Romani bruciando gli assedianti oltre le loro verruche e le loro navi. Era il 212 avanti Cristo.

In realtà hanno ragione quasi tutti.

Per questo bisogna capire che differenza passa tra una verruca e un callo che, a vederli, sembrano fratello e sorella ma non sono manco parenti. Il callo è un aumento degli ultimi strati della pelle che si crea per reazione ad uno stimolo irritativo continuato nel tempo, come il callo dello scrittore che veniva sul dito medio della mano con cui si scrive. Veniva, dicevo, perché ora si è spostato sui polsi poggiati accanto alla tastiera.

Il callo non ha, come la verruca, un asse vascolare ovvero un’arteria e una vena che ne alimentano il tessuto. Il tutto si spiega per il fatto che il virus , una volta entrato nelle cellule, ne modifica la programmazione costringendole a costruire un sistema nel quale sia possibile fabbricare altri virus, tecnicamente detto replicare. Per fare ciò il virus programma anche la circolazione sanguigna che, se viene tagliata da infiltrazioni tossiche all’aglio o alle melanzane trifolate, fa morire cellule e virus rimettendo tutto a posto.

L’alimentazione alle cellule contenenti il virus si può tagliare, anche e forse più efficacemente, col calore o col freddo estremo , da qui l’uso dell’azoto liquido, della CO2 , del diatermocoagulatore e del Laser che validamente vengono usati al posto delle lenti ustorie magari dopo anestesia locale, giusto per non fare addolorare il paziente.

Spesso accade anche che l’organismo ospite , ovvero quello del soggetto affetto dalle verruche, si senta un attimo meglio e in forze e produca da solo il veleno giusto per il virus, senza scomodare la fattucchiera. Tale capacità dell’organismo di reagire fu intuita per primo da un certo Jenner per inventare i vaccini.

Il vaccino, a beneficio di coloro cui la storia é sfuggita, si chiama così perché i vaccari e i bifolchi – oggi bifolco è un insulto ma al tempo erano onesti conduttori di buoi, gli autisti degli aratri – erano a contatto colle vacche. Le vacche non prendevano il vaiolo come l’uomo ma una variante tutta speciale per loro con le piaghe e tutto il resto. A forza di andare a passeggio insieme, vaccari e bifolchi finivano per entrare in contatto col virus delle vacche. Jenner si accorse che i vaccari, a differenza dei cittadini, non prendevano il vaiolo umano. Fece due ragionamenti e, rischiando la pelle sua e quella di qualcun altro, infettò apposta col vaiolo vaccino un povero cristo perfettamente sano. Dopo un po’ di tempo lo infettò anche col Vaiolo umano. Con sorpresa degli astanti il povero cristo sopravvisse al vaiolo senza neanche ammalarsi. La fortuna aiuta gli audaci. Da allora la procedura si chiama vaccinazione per la gioia del genere umano e delle case farmaceutiche. Ma cosa era successo? Avevamo detto che i virus sono delle sequenze di informazioni di DNA o RNA che, stando dentro una cellula, ne modificano il funzionamento. Quello che non ho detto è che il virus ha “anima e cappotto”. L’anima è la parte fetente e il cappotto tiene caldo. Ora ipotizziamo che il cappotto del virus del vaiolo umano e di quello vaccino siano uguali mentre l’anima profondamente diversa. Quella del vaiolo umano è cattiva e quella del vaiolo delle vacche buona. Dato che l’ospite, che siamo noi, si ricorda solo del cappotto ma non dell’anima ché non la vede, quando vede il cappotto del virus vaccino si organizza e prepara veleno abbastanza da accopparlo sia li per lì che per dopo indipendentemente dalla natura dell’ ”anima”.

Nel caso del HPV, di recente, è stato messo a punto un vaccino distribuito a ragazzine intorno ai tredici anni. Questo è stato possibile poiché pare che il virus Papova usi sempre lo stesso “cappotto” senza cambiarlo mai. Se, col tempo, decidesse di farselo nuovo bisognerà ricominciare tutta la procedura daccapo perché il vaccino non servirà più a niente. Quello che non si è capito è il motivo per cui solo le femminucce sono state vaccinate e i maschietti no. Pare, tuttavia, per notizie provenienti da un recentissimo congresso organizzato a Padova dal Prof. Carlo Foresta che la Sanità italiana abbia deciso di porvi rimedio. I maschietti ringraziano.